Pollina

Sergio Pollina

autore ed esperto   (IT)

 

SETTARISMO VERSUS LIBERTÀ: QUALE POSSIBILE DIFESA?

 

La religione è la meretrice del diavolo, e non sa fare nulla se

non calunniare e guastare qualsiasi cosa Dio faccia e dica.

martin lutero

 

Dove sono coinvolte questioni religiose, gli uomini si rendono

colpevoli di ogni possibile sorta di disonestà e di illecito intellettuale.

sigmund freud, L’avvenire di un’illusione

 

Che il settarismo, e il fanatismo che sempre l’accompagna, siano oggi, a livello mondiale, un problema crescente e apparentemente inestirpabile, è un dato di fatto. Analizzarne le cause è compito che spetta ad altri e non è oggetto di questa relazione. Ma è fuor di dubbio che questi due fenomeni che vanno sempre di pari passo, sono principalmente il frutto di una diffusa ignoranza da parte di molti e del desiderio di esercitare un indebito potere da parte di pochi. I loro risultati sono tremendi, e sempre, in tutte le circostanze, essi sono causa di dolore e di sofferenze. Nessun sistema religioso ne è immune, il che rende tutti i sistemi religiosi in pari grado responsabili di questa degradata condizione della natura umana. Il fanatismo ed il settarismo sono essi stessi un apparente paradosso, in quanto sono l’esatto contrario di ciò che gli statuti, le norme, i testi sacri che ispirano tutte le fedi del mondo e della storia, formalmente insegnano e predicano. Si potrebbe giungere alla conclusione, da molti ritenuta inaccettabile, sebbene sarebbe forse interessante approfondire maggiormente l’argomento, che sia la religione stessa, in sé, a rappresentare un fenomeno deteriore ed un frutto deviato dell’evoluzione del pensiero umano. Prima di chiudere questa breve premessa, mi piace citare un brano dell’Autobiografia di John Stuart Mill che, parlando del padre, scrisse:

 

La sua avversione alla religione, nel senso comunemente assegnato alla parola, era dello stesso genere di quella di Lucrezio. Egli la considerava con i sentimenti che si nutrono non verso una semplice illusione mentale, ma verso un grande male morale. Guardava ad essa come al più grande nemico della moralità; in primo luogo perché innalza valori fittizi (credenza nei dogmi, sentimenti di devozione, cerimonie) non connessi con il bene del genere umano e li fa accettare al posto delle autentiche virtù; ma soprattutto perché distorce alla radice il modello della moralità, facendola consistere nell’eseguire la volontà di un essere al quale, certamente, prodiga ogni tipo di adulazione, ma che, a dire il vero, raffigura come eminentemente odioso.

 

La libertà si apprende, si coltiva; essa è frutto del desiderio di ogni uomo di poter essere l’artefice delle sue scelte[1]. Ma quando si nasce, si vive e si muore all’interno di un sistema nel quale tale aspirazione naturale è di per sé considerata peccaminosa, è facile comprendere come gli esseri umani – e sono tanti – che vivono in sistemi del genere, vengono privati del desiderio stesso della libertà. Il loro limitato universo è costituito da un’ininterrotta serie di generazioni che hanno vissuto e trasmesso il loro modo di vivere l’una all’altra, caratterizzate dalla acritica ubbidienza a precetti costitutivi, fra i quali, quasi sempre, il più rilevante è quello della inaccettabilità del pensiero critico, della peccaminosità del pensiero libero, della pericolosità del pensiero indipendente. L’idea stessa che si possa criticare, dissentire, pensarla diversamente dalla gerarchia dominante, che per millenni è quasi sempre stata rappresentata dal connubio re – sacerdote, è essa stessa trasgressione, peccato, punibile spesso con la morte. In estrema sintesi vi è la più elevata antinomia che possa esistere: se vuoi essere libero, in quello stesso momento diventi schiavo del peccato! Se limitiamo il nostro campo d’indagine alla religione degli occidentali, il giudaismo – cristianesimo, possiamo asserire con l’autorevole conforto della storia che nessuna delle fedi che ad esso si ispirano è immune da tale peccato d’origine. I roghi, le torture, la privazione della libertà, le punizioni corporali, sono patrimonio tanto del cattolicesimo che del protestantesimo in pressoché tutte le sue derivazioni. E, nel cristianesimo, che sebbene in costante decrescita, è ancora la religione più rappresentativa del mondo occidentale, la fioritura di movimenti settari di varia matrice, ma accomunati spesso dal denominatore comune dell’intolleranza, che si contrastano e combattono l’un l’altro, è una caratteristica costante sin dall’inizio, basta ricordare gli gnostici, i nestoriani, i Catari, e l’interminabile elenco che ne fa Ireneo di Lione nel suo Contro le eresie. Oggi, però, vi è una differenza di rilievo. Che le sette degli scorsi secoli nascevano per l’esigenza di riforma di un cristianesimo che si vedeva ormai corrotto e distante dalla predicazione e dall’opera del suo fondatore; erano movimenti spirituali che sebbene a volte fossero ricchi di elementi stravaganti, avevano in comune un moto dello spirito. Quelli di oggi sono invece finalizzati quasi sempre all’arricchimento mediante l’asservimento. Ricorderò a questo uditorio le parole attribuite al fondatore di Scientology: Se vuoi arricchire in fretta, non perdere tempo, fonda una setta! Ovviamente, per non correre il rischio di essere frainteso, è bene chiarire il senso di quanto ho appena detto. La religiosità, la tendenza al trascendente, l’esigenza di credere, di per sé non sono un fatto negativo. È la degenerazione che i sistemi religiosi hanno operato a danno di queste nobili tendenze dell’animo umano che è condannabile e che ha creato i sistemi religiosi e le loro ulteriori frammentazioni settarie.

 

Ovviamente, la natura di questo intervento, lo spazio ad esso concesso, il tema che ad esso si è dato, sono di per sé limitativi della nostra indagine, restringendone il campo. Ecco perché dal vasto campionario estrapoleremo solo un campione significativo tra le sette caratterizzate da un elevato tasso di illiberalità; mi riferisco all’organizzazione dei testimoni di Geova. Perché proprio ad essa? Innanzitutto a motivo del fatto che, sebbene sia percentualmente irrilevante in tutto il mondo, (6.500.000 di aderenti su una popolazione di 6.500.000.000 di abitanti, pari allo 0,1%) ed anche in Italia, dove conta circa 239.000 seguaci su una popolazione complessiva di 59.000.000 di persone, esso sembra avere permeato strati molto vasti della società. E ciò perché è un movimento molto aggressivo dal punto di vista pubblicitario, si avvale di una enorme quantità di materiale propagandistico, fa della diffusione capillare, porta a porta, delle sue idee, uno dei cardini principali del suo proselitismo, ed è potenzialmente molto pericoloso. Vediamo il perché.

 

Le cronache giornalistiche degli ultimi decenni hanno portato spesso all’attenzione dell’opinione pubblica questo fenomeno, quasi esclusivamente per due caratteristiche che lo contraddistinguono: la loro posizione rispetto al problema del sangue e la loro tenace obiezione al servizio militare. Quest’ultima è ormai un ricordo del passato, ma solo perché nel nostro paese non vi è più la coscrizione obbligatoria, mentre permane in numerosi stati dalle costituzioni meno democratiche della nostra. Rimane il primo: quello della loro profonda avversione alle trasfusioni. Si è cercato di nobilitarla camuffandola dietro una sorta di rigoroso rispetto per il precetto biblico, ma non è così. Chi ha studiato le vicende del loro movimento sa bene che nel corso della loro storia, che data dal 1879 , quasi 130 anni, sa che essa è ricca di divieti del genere che prima sono stati imposti come inderogabili precetti divini, per poi tramontare senza che se ne sia mai spiegata la ragione. Negli anni ‘30 fu la volta delle vaccinazioni[2], negli anni ‘60 quella dei trapianti, accompagnate anche dall’avversione persino all’uso di alcuni materiali di cucina, come l’alluminio, dall’incoraggiamento all’impiego di intrugli per la guarigione di malattie – persino del cancro –, assimilabili agli snake oil dei venditori ambulanti del vecchio West, ecc. In realtà non si tratta di obiezioni di coscienza, ma soltanto dell’obbligo (il che mette automaticamente fuori gioco la coscienza individuale) di seguire acriticamente le mutevoli e spesso cervellotiche elucubrazioni della loro gerarchia, da essi definita come “Il Corpo Direttivo”, un ristretto numero di vegliardi detentori del potere supremo. Nel caso delle trasfusioni (ma a suo tempo anche delle vaccinazioni e dei trapianti) che ancor oggi rappresentano uno dei punti di maggiore frizione con le magistrature di molti paesi, le conseguenze di questo loro atteggiamento sfociano spesso in fatti luttuosi, che colpiscono l’opinione pubblica specialmente quando vi sono coinvolti bambini. Uno per tutti il caso che sollevò maggiore scalpore in Italia, quello dei coniugi Oneda, la cui bimba talassemica morì per il rifiuto dei suoi genitori di somministrarle le trasfusioni imposte dal Tribunale. Ma casi del genere si contano letteralmente a migliaia; l’ultimo in ordine di tempo ha riguardato un parto multiplo in Canadà, che ancora si trascina nelle aule giudiziarie.

 

Questo problema, che di per sé è drammatico, non  può essere disgiunto da ciò che è caratterizzante di questa, e di molte sette simili, comprese le cosiddette religioni storiche. Si tratta della dottrina secondo la quale esiste una classe investita dell’autorità divina, e che per questo ha l’autorità assoluta in quanto le è attribuita dall’alto ed è trascendente, di imporre norme e regolamenti; vi è poi il resto dei fedeli, degli adepti, ai quali spetta, senza possibilità alcuna di sindacato, l’obbligo dell’ubbidienza, pena gravi sanzioni. Da ciò deriva una miriade di conseguenze negative, tutte a danno della persona e del suo sviluppo. A questo punto vorrei fare un richiamo ad un interessante saggio di Philip Zimbardo, noto psicologo sociale dell’Università di Stanford. È disponibile in questi giorni il suo libro L’effetto Lucifero[3], nel quale egli esamina l’effetto che l’appartenenza ad un sistema determina sull’indole delle persone anche cosiddette “normali”. Ci si chiede spesso come è possibile che un genitore che ama suo figlio e che darebbe la vita per lui, possa di punto in bianco lasciare che muoia, senza muovere un dito per salvarlo, solo perché gli hanno insegnato che una certa terapia è contraria alla volontà di Dio. Secondo Zimbardo la risposta sta in quello che egli definisce «l’effetto Lucifero» a causa del quale persone per bene, per effetto del «sistema di appartenenza» diventano capaci di compiere quelle azioni che al di fuori di quel sistema lo farebbero inorridire. Spesso il «sistema» è una setta religiosa, ma può anche essere un’ideologia, un determinato apparato, al di fuori del quale il diverso, l’appartenente al «mondo», diventa una non – persona, viene de-umanizzato e quindi il valore della sua vita diviene irrilevante. Avviene una sorta di sospensione del pensiero che esalta la nostra bontà, i nostri ideali, la nostra clemenza e la perfidia di chi ci odia; il pensiero autocritico si ottunde. Questo è ciò che accade fra i Testimoni di Geova, che attendono con gioiosa aspettativa il momento in cui l’intero genere umano sarà sterminato da Dio, gli uomini annegheranno nel loro stesso sangue, saranno smembrati da uccelli necrofagi e divorati dalle bestie selvagge, senza che la loro mente non sia per nulla turbata da ciò che agli occhi della gente comune è semplicemente ripugnante[4].

 

In sintonia con il tema di questo convegno, allora, ci poniamo la domanda: qual è la responsabilità dello Stato di fronte a problemi del genere? In che modo esso dovrebbe farsi carico di intervenire, rispettando nel contempo la sua assoluta (ma purtroppo troppo spesso solo presunta) laicità e non giudicando le ideologie ma soltanto le loro conseguenze dannose dal punto di vista della giurisdizione? È un problema complesso, che viene affrontato diversamente in Europa. Da una parte vi è la Francia, con la sua lunga e ininterrotta tradizione libertaria, dall’altro vi è l’Italia, la cui storia è, ed è sempre stata, condizionata da una presenza invasiva delle gerarchie ecclesiastiche, e che a dispetto dei principi enunciati nella sua Carta Costituzionale, rimane sino ad oggi uno stato quasi confessionale, tanto è vero che è ancora vigente una legge sulla libertà religiosa che risale al 1929, che da decenni si tenta inutilmente di riformare e aggiornare con risultati molto deludenti.

 

Lo strumento dovrebbe quindi essere quello di una legislazione che tenga conto degli aspetti devianti e in contrasto con la carta dei diritti dell’uomo e della tutela della dignità umana da parte dei vari organismi confessionali, ma che contemporaneamente non prescinda da un’analisi accurata ed eseguita con metodo scientifico delle caratteristiche di ciascun movimento, particolarmente in considerazione del fatto che la Costituzione vigente prevede la stipula con chi ne fa richiesta di una sorta di convenzione definita regime delle intese. Ad oggi questo regime si è dimostrato assolutamente insufficiente a garantire lo Stato nei confronti di chi lo richiede e ottiene, in quanto esso non prevede che la semplice accettazione dello statuto della confessione che fa richiesta di stipula, senza la benché minima verifica della rispondenza dello stesso con le prassi effettivamente vigenti e seguite all’interno della confessione medesima. È legittimo, quindi, asserire che i testimoni di Geova hanno ricevuto a suo tempo il parere favorevole del Consiglio di Stato ed un primo riconoscimento giuridico, presentando quella che si può definire una costituzione (Statuto) del tutto ipotetica, che nella prassi ordinaria viene è rappresentata da una Costituzione materiale che è quella che in realtà è vigente e applicata. In essa si annidano tutte le distorsioni di un’organizzazione che, nella sua prassi ordinaria, può a buon diritto ben definirsi tendenzialmente eversiva. Eversiva perché considera lo Stato un’entità nemica, ispirata dal demonio, al quale opporsi e contro la quale resistere fino al conflitto finale nel quale – secondo la loro visione apocalittica – ogni struttura statuale sarà definitivamente dissolta. E, in base alla dottrina da essi definita della “Strategia teocratica”, di cui non esiste cenno nello Statuto e negli atti ufficiali presentati alle autorità, ogni strumento è buono per raggiungere i loro scopi che sono, tra l’altro, quello di indebolire la lealtà dei cittadini nei confronti dello Stato, con la conseguenza dell’indebolimento dello Stato stesso, e la perdita di fiducia nella sua capacità di bene operare in quanto ispirato dal Grande Avversario e quindi inattendibile e ostile. Ben si comprende quali possono essere, e in realtà sono, le conseguenze di tale impostazione dottrinaria. Allo Stato quindi si può, e in certe circostanze si deve mentire. Allo Stato non è bene fare conoscere i meccanismi interni di disciplina, in conflitto con la giurisdizione, e quindi bisogna camuffarli[5]; allo Stato si deve chiedere, ma non dare in quanto esso è instrumentum diaboli e quindi ogni collaborazione con esso è bandita, sebbene si proclami l’esatto contrario. Esempi di questa slealtà li troviamo nel loro recente passato nei tentativi di introdurre in stati stranieri da parte di cittadini italiani testimoni di Geova materiale messo al bando in quelle realtà nazionali, di cui esiste ampia documentazione[6], e quelli di darsi una veste giuridica volta esclusivamente alla sistematica elusione degli obblighi fiscali nei confronti dello Stato che, per lo meno in Francia, è stata duramente sanzionata dalle autorità preposte, nonostante essi abbiano messo in campo impressionanti batterie di difesa. Essi hanno reagito, costituendo in molte nazioni organismi caritativi, veri e propri ordini religiosi sul modello cattolico, per godere di status e di esenzioni particolari. Tale modo di proporsi in una veste diversa da ciò che essi sono in realtà sta oggi trovando, e dobbiamo dire lodevolmente, una forte opposizione in Inghilterra. L’apposita commissione costituita dal governo britannico[7] per stabilire precise linee guida nel riconoscimento o meno di tali realtà, ha infatti stabilito, come è scritto nelle 91 pagine di tale documento che le “Organizzazioni caritative devono dimostrare di svolgere attività di pubblico beneficio per potere di tale riconoscimento, e che esso non può esistere un presenza di attività contrarie al pubblico beneficio”. Un esempio di tali attività che non danno luogo al riconoscimento è dal rapporto individuata nel rifiuto di ricevere cure o trattamenti medici per motivi religiosi. Ciò di per sé costituirebbe un notevole ostacolo allo sviluppo e alla proliferazione indiscriminata di questo movimento, ed è un esempio di come uno Stato può intervenire a tutela dei propri cittadini senza venir meno al rispetto della loro libertà religiosa.

 

Ecco perché, a mio parere, ogni tentativo di contrasto delle sette mediante strumenti che non siano la loro accurata conoscenza ed una legislazione che da essa prenda le mosse, non può avere successo. Ne abbiamo la prova in situazioni del recente passato: né la Germania nazista, né la Russia sovietica con i loro poderosi apparati repressivi, riuscirono a impedire la crescita e lo sviluppo di questo movimento, anzi, si può dire che ne favorirono la diffusione. Dopo la potatura di solito vi è il ricaccio. Questo movimento, come tanti altri, è paragonabile allo sviluppo di un tumore e come tale deve essere trattato; la sua estirpazione violenta non risolve il problema perché produce continuamente metastasi. Allora, come se ci trovassimo di fronte ad un problema medico, ci dobbiamo rivolgere la domanda: perché in alcuni paesi del mondo essi sono quasi inesistenti, in percentuali così insignificanti che non hanno rilievo statistico? È significativo che tali stati siano quasi sempre quelli con una tradizione culturale diversa dal cristianesimo, gli stati islamici. L’anticorpo che impedisce la diffusione delle sette di matrice cristiana è in essi, quindi, la più forte e radicata tradizione religiosa. Più che la repressione, quindi, ciò che ha efficacia è la cultura. E poiché non è certo auspicabile la ulteriore crescita di tali diverse culture in occidente, che già paga lo scotto del costante aumento di presenze portatrici di culture retrograde (ovviamente, non la cultura islamica, ma l’intolleranza religiosa e le sue conseguenze), la risposta dev’essere data dalla formazione e dall’informazione. Si è visto che il ricorso allo strumento legislativo che introduceva il reato di plagio è stato ritenuto insufficiente e quindi perfino espunto dai codici per le sue difficoltà applicative.

 

Quanto sopra è ulteriormente reso evidente dal fatto che noi non siamo ben messi, e con noi intendo l’occidente, che è attraversato da un vento fondamentalista che è sinceramente preoccupante. Uno per tutti è il caso degli Stati Uniti, nazione leader anche nel campo di tali movimenti, la cui esportazione in Europa è all’origine dei problemi di cui oggi dibattiamo. Un esempio tra i tanti è il caso di Scientology, che non poco allarme suscita persino in una nazione culturalmente progredita come la Germania, che in alcuni Länder ha avviato una serie di iniziative giudiziarie per contrastarne l’affermazione e il riconoscimento giuridico. In America vi è oggi una fortissima spinta fondamentalista, localizzata prevalentemente nella Bible Belt, l’insieme degli stati centro meridionali, assecondata strumentalmente dal potere politico, che tende a reintrodurre nelle scuole, ad ogni livello, l’insegnamento del creazionismo, anche sotto le mentite spoglie scientifiche del Disegno Intelligente, e che è il miglior brodo di coltura di ogni movimento settario. Poi vi è l’intrusione della Chiesa, e con Chiesa intendo quella Cattolica, che in paesi come la Spagna e l’Italia per mezzo delle sue potenti gerarchie, cerca di condizionare e a volte condiziona pesantemente la vita politica e di conseguenza la vita pubblica della nazione.

 

Per cui, in estrema sintesi, possiamo individuare due linee d’azione che lo Stato dovrebbe seguire nel tentativo di limitare, perché è utopistico pensare ad una completa eradicazione del fenomeno, il dilagare delle sette.

 

La prima è la stesura di una legge sulla libertà religiosa che non si limiti ad enunciazioni di principio, ma che riesca a stabilire che cosa differenzia sostanzialmente una religione da una setta, sebbene bisogna riconoscere che è un compito arduo, essendo il confine tra le due spesso sottile e indistinto. Ciò presuppone il riunire intorno ad un tavolo non soltanto insigni giuristi o uomini politici, in quanto i primi sono generalmente attenti soltanto alla stesura di norme che spesso sono avulse dalla realtà, e i secondi alla redazione di leggi che guardino a presunti vantaggi elettorali e quindi, già di per sé viziate ab origine. Tale tavolo dovrebbe essere quindi arricchito dalla presenza di personalità del mondo della cultura, della scienza, della storia delle religioni, di persone dichiaratamente laiche e progressiste, libere da condizionamenti e provviste di un importante bagaglio di conoscenze specifiche nella materia in esame. Loro compito dovrebbe anche essere quello di verificare la possibilità – che io considero comunque remota anche se spesso da più parti auspicata – di introdurre norme relative alla manipolazione o condizionamento mentale, a tutela delle personalità più deboli, anche se a mio avviso, tale tipologia di “reato” presenta le stesse difficoltà di quelle del plagio al quale molto si avvicina, in quanto non esiste essere umano che, in una certa qual misura non sia condizionato dall’ambiente familiare, sociale, culturale, da fattori genetici; e determinare quali e quanti sono i condizionamenti potenzialmente pericolosi sfugge a qualsiasi tentativo di classificazione e, di conseguenza, di traduzione in strumenti legislativi di difesa.

 

 

La seconda dovrebbe essere quella di introdurre sin dai primi gradi dell’insegnamento scolastico, per concludersi con gli studi superiori, una serie di discipline che consentano sin dall’infanzia, una conoscenza reale di questo aspetto della crescita delle società umane. Discipline del tutto separate dalla credenza nel soprannaturale, ma che trattino il fenomeno fideistico come, per l’appunto esso è, una sorta di esigenza indotta che spinge gli esseri umani a cercare in un mondo diverso da quello reale di ogni giorno la soluzione dei loro problemi. Accettato questo fatto, e lasciando libere le persone di credere o meno, e di autodeterminarsi al riguardo, una formazione culturale che sin dal primo apprendimento chiarisca quali sono i rischi che ci si assume nel deporre acriticamente la propria libertà di scelta nelle mani di chi esercita il suo potere per trarne vantaggi a detrimento di quel bene non negoziabile che è l’autodeterminazione e la dignità individuale, dovrebbe essere compito primario di ogni sistema educativo e di ogni Stato  che eserciti dovutamente la propria funzione primaria che è quella della tutela della libertà e della crescita intellettuale dei suoi cittadini. E a questo riguardo mi fa piacere richiamare alla vostra attenzione quanto disse l’anno scorso al convegno di Amburgo il Senatore Udo Nagel nel suo saluto introduttivo: «Il vostro convegno ha due obiettivi importanti: Informare la pubblica opinione sui gruppi che mettono in pericolo diritti umani fondamentali e svigoriscono l’esistenza stessa della nostra società. Informarsi, scambiarsi informazioni e mettersi a confronto con altri esperti sugli ultimi sviluppi – informare, scambiare e prendere contatto tra di voi a convegni come questo. E inoltre, informare i cittadini dei vostri paesi è un pre-requisito essenziale per la protezione e la sicurezza delle persone contro organizzazioni pericolose, ad esempio sette, psico-gruppi e gruppi anticostituzionali; solo se la gente è illuminata e informata sui veri obiettivi di tali gruppi potrà essere protetta da queste organizzazioni». Parole che con la mia relazione ho mostrato di condividere pienamente e che anche io rivolgo a questo pubblico perché possa farle proprie, ricordando che il motivo per cui tutti siamo qui è uno solo: le sette, nel loro senso più ampio, sono un pericolo mortale per gli esseri umani perché li privano del loro futuro e del bene più grande che ci è stato concesso: la libertà!.

 

Per concludere, sebbene possa sembrare fuori contesto in un consesso come questo, mi sento di fare mie le parole ed il loro profondo significato di una delle liriche più belle di John Lennon:

 

Imagine there’s no heaven
It’s easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today…

Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace…

 

Grazie per l’attenzione prestata, e buon proseguimento dei lavori.

 

[1] Vedi Eugenio Scalfari su La Repubblica dell’11 marzo 2008, Nel peccato originale la coscienza dell’uomo.

[2] Non che i Testimoni siano originali in questo. «Timothy Dwight, rettore emerito di Yale, e ancor oggi uno dei più rispettati «teologi» americani, si oppose alla vaccinazione antivaiolosa perché la considerava un’interferenza nel disegno divino» , come riferisce Christopher Hitchens in Dio non è grande, Einaudi, 2007.

[3] Philip Zimbardo, L’effetto Lucifero, Raffaello Cortina ed. 2008.

[4] Congiura contro la democrazia, di J.F. Rutherford. Ecco quanto appariva alle pagine 27 e 28: “D. 37. Perché ‘gli uccisi dall’Eterno’ ‘non saranno rimpianti, né rac­colti, né seppelliti’? (pagina 55, ¶ 3). R. Perché il giudizio del Signore è giusto e verace (Apocalisse 15:3); Egli infligge la pena di morte agli empi dopo che sono stati pienamente avvertiti, e questo avvertimento essi disprezzano (Ezechiele 3:19; Malachia 2:2, 3, margine, Inglese); perciò Egli ha espressamente proibito di piangere per coloro che egli, il giusto giudice, distrugge (Ezechiele 24:16; Levitico 10:6). I giusti si rallegreranno nel vedere la manifestazione della giustizia di Geova … Gli empi non saranno degni di una discreta sepoltura (Sofonia 1:17) e numerosi dei loro cadaveri saranno divorati dalle bestie come giusta ricompensa per la loro trasgressione del patto eterno di Dio”.

 

[5] Come narra il dott. Jerry Bergman, del Northowest State College dell’Ohio, nel suo saggio Lying in Court and Religion: An analysis of the Theocratic Warfare Doctrine of Jehovah’s Witnesses, era consuetudine dei Testimoni di  Geova quella di  procurarsi falsi certificati di vaccinazione (obbligatoria negli Stati Uniti) per far credere di avere osservato la legge, mentre in realtà l’avevano violata. www.culticstudiesreview.org

[6] Vedi la circolare della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova del 2 novembre 1995, nella “Parte confidenziale riservata per il corpo degli anziani”, dove è scritto che: «Come ben sapete, in Egitto l’opera è al bando e pertanto c’è la necessità di provvedere letteratura ai nostri fratelli. Con i viaggi organizzati nel 1995 è stato possibile provvedere una certa quantità di cibo spirituale per i nostri conservi e le persone interessate. Occorre fi nuovo effettuare questi viaggi che ci daranno la possibilità di inviare tramite i fratelli italiani un certo quantitativo di pubblicazioni e altro materiale per incrementare l’opera in Egitto».

[7] Charity Commission’s Public Benefit and the Advancement of Religion.

http://www.charity- commission.gov.uk/publicbenefit/pbar.asp